Il 22 agosto 1938 la neoistituita Direzione generale per la Demografia e la razza (che costituiva una sezione del Ministero dell’Interno) dispose il censimento di tutti coloro che, indipendentemente dalle proprie convinzioni personali o dalla fede professata, avevano almeno un genitore ebreo . La rilevazione venne affidata ai comuni, sotto il coordinamento delle prefetture; la raccolta e la rielaborazione dei dati fu invece competenza dell’Istituto centrale di statistica.
Con questo provvedimento, nell’imminenza dell’emanazione delle leggi razziali, il governo si propose di individuare, schedare, segnalare, gli ebrei presenti sul territorio italiano.
Il testo della comunicazione “urgente riservatissima” indirizzata dalla Regia Prefettura di Savona al Podestà della stessa città in data 14 agosto (doc.1) rivela con chiarezza i criteri biologici che caratterizzarono il censimento dell’estate 1938: “nella rilevazione devono essere compresi non solo gli ebrei eventualmente iscritti ai registri delle comunità israelitiche conosciute, ma tutti coloro che risiedono nel Comune anche temporaneamente e che comunque risultino di razza ebrea anche se professanti un’altra religione o nessuna religione o che abbiano abiurato in qualsiasi epoca ed anche se per matrimonio sono passati a far parte di famiglie cristiane” .
Un’ispirazione razziale che viene seccamente ribadita e precisata dalla comunicazione prefettizia del 20 agosto (doc.3) : “deve considerarsi di razza ebrea colui che discende anche da un solo genitore ebreo”
In tale contesto suona amaramente ironica l’affermazione che il lavoro di censimento- da svolgersi comunque “con riservatezza assoluta, massima precisione e celerità” e sotto la personale responsabilità del podestà- “non deve dare comunque appiglio ad alcun allarme trattandosi di rilevazione ad esclusivo fine di studio”.
Il succedersi pressoché quotidiano delle comunicazioni prefettizie (docc. 2, 3, 4) – contenenti un autentico –e in qualche caso caotico- stillicidio di chiarimenti, precisazioni, rettifiche alle disposizioni precedenti – dimostra che il regime non ha ancora definito con chiarezza forme, estensione e modalità dell’imminente persecuzione contro gli ebrei. In particolare, appare significativo che il podestà venga incaricato di verificare le eventuali benemerenze fasciste o patriottiche dei censiti (doc.2): una raccomandazione legata all’iniziale decisione del Duce di escludere dalle restrizioni gli ebrei italiani che si fossero distinti per valore militare o fede fascista (a partire dal 1940, le disposizioni e i divieti avrebbero investito senza distinzioni tutti gli ebrei, compresi quelli “privilegiati” o- come vennero impropriamente definiti- “discriminati”).
In ogni caso, il 22 agosto, a distanza di una settimana dalla prima comunicazione prefettizia, già 11 persone (cioè grande parte della ristrettissima comunità ebraica savonese) hanno ricevuto comunicazione di presentarsi in Municipio (evidentemente per confermare la propria discendenza da genitori ebrei) (doc. 5).
Poco più di un mese dopo, il 28 settembre, la Prefettura di Savona- “per superiori disposizioni”, invita a continuare le indagini “fino al completo censimento di tutti gli israeliti” (doc.6).
Due documenti conservati all’Archivio di Stato (doc.7 e doc. 8) dimostrano per altro che l’azione di indagine coinvolse a Savona anche altri organi dello Stato.