Emilio Lattes, torinese, fu ufficiale dell’esercito piemontese e combatté a Novara con Carlo Alberto; per i suoi meriti militari fu nominato addetto al Consolato in Spagna. A Madrid conobbe e sposò con rito cattolico Vincenza Frial. Da quest’unione nacque, insieme a tredici fratelli, Claudio Lattes.
Egli fu battezzato in Spagna e professò sempre la religione cattolica; il 18 giugno 1899, a Rimini, si unì in matrimoni con Ortensia Fabbri; si trasferì a Savona ed ebbe da lei quattro figli: Ettore, Umberto, Iole e Annamaria.
Come il padre Emilio, anche Claudio intraprese la carriera militare e servì la patria per cinque anni come sottufficiale della Guardia di Finanza, dopodiché lavorò nelle Ferrovie dello Stato. Nel maggio del 1924 si iscrisse al Partito nazionale fascista di La Spezia e dopo il pensionamento fece parte del Direttorio dell’Associazione Pensionati Fascisti (Doc.1).
Nell’estate del 1939 la vita di Claudio Lattes subisce una drastica svolta: è accusato di essere ebreo.
A partire da questo momento sarà assillato dallo stato che gli chiederà ininterrottamente di presentare sempre nuovi documenti a discarico, in particolare il certificato di battesimo, conservato a Madrid che pare essere introvabile (Doc. 23). Mentre Claudio Lattes è impegnato in questa ricerca gli vengono richiesti anche i certificati di battesimo del padre, della madre e dei quattro figli. A prezzo di onerose spese le ricerche giungono a buon fine, Lattes è in grado di presentare la quasi totalità della documentazione richiesta.
Ma, come si può ricavare da una accorato appello al Podestà di Savona del 13 gennaio 1940, la macchina burocratica non è ancora soddisfatta gli viene infatti richiesto di sostituire i certificati di battesimo dei figli con copie degli atti di battesimo e inoltre, gli viene rinnovata la richiesta di presentare il suo introvabile certificato di battesimo (Doc. 4).
Finalmente, nel 1941, questo certificato viene ritrovato a Madrid (Doc. 4 appendice).
Nel 1942, Claudio Lattes muore ma la persecuzione burocratica continua, infatti, il certificato di morte non è completato perché la pratica per l’accertamento di non appartenenza alla razza ebraica risulta ancora incompiuta (Doc. 5).