E’ già stato più volte richiamato il carattere complesso, articolato e, in qualche caso, contraddittorio, delle disposizioni legislative in tema di “difesa della razza italiana” (segno anche di un progetto persecutorio “in fieri”, destinato con la guerra ad una progressiva radicalizzazione).
Anche per queste ragioni, l’applicazione delle leggi razziali provocò - presso gli uffici competenti- non poche incertezze interpretative. Non a caso, l’Archivio comunale di Savona conserva un consistente carteggio (che qui riproduciamo per la parte che riguarda la questione dei matrimoni misti: docc. 1, 2 e 3) fra i funzionari locali e le superiori autorità (Ministero Interno, Procuratore del Re, Prefettura)
Si tratta di quesiti, richieste di chiarimento, rinvii a circolari esplicative: uno scambio di corrispondenza che appartiene all’ordinaria prassi burocratica- oggi come ieri.
Colpisce tuttavia che, in questo caso, oggetto della discussione fra i vari uffici dello Stato sia l’immediato destino civile e umano, di persone concrete: uomini, donne, bambini, che sulla base dell’interpretazione di un singolo comma legislativo, possono veder cambiata la propria vita.
Un’osservazione che in nessun modo intende esprimere un giudizio sui funzionari coinvolti (di cui, tra l’altro, non possiamo conoscere, al di là dell’arida lingua burocratica utilizzata, i profondi sentimenti e pensieri). Resta tuttavia l’impressione che una pesante cortina di indifferenza avvolga i protagonisti del carteggio: una sorta di anestetizzazione morale che, se per un verso appare il prodotto della cosìddetta razionalità burocratica, dall’altro rispecchia anche il clima politico e ideologico dell’Italia di quegli anni.