Lo scoppio della guerra peggiorò radicalmente le condizioni di vita degli ebrei. La sempre più stretta alleanza politica e militare con la Germania hitleriana – oltre che il progetto espansionista venato di suggestioni razziste che il Duce sembrò perseguire all’inizio del conflitto (“il nuovo ordine mediterraneo”)- accrebbero infatti gli intenti persecutori del regime.
Nel clima di mobilitazione bellica successivo al 10 giugno 1940, inoltre, la propaganda del regime ebbe buon gioco nel trasformare gli ebrei – e, assieme a loro, gli stranieri, i dissidenti, gli antifascisti- in minacciosi agenti delle forze “antinazionali”, in veri e propri simboli del “nemico interno” (non a caso, nel maggio-giugno 1940, il governo dispose l’internamento- spesso in veri e propri campi di raccolta - degli ebrei stranieri e di tutti gli ebrei italiani che fossero ritenuti pericolosi per motivi politici e sociali ).
Nel corso del conflitto, per altro, le misure restrittive erano ulteriormente destinate a moltiplicarsi, come dimostra il decreto che, in data 5 maggio 1942, per semplice via amministrativa, impose la precettazione al lavoro per tutti gli ebrei italiani.
Per quanto riguarda Savona, in data 13 maggio 1942 il provvedimento fu trasmesso dalla locale Prefettura a tutti i comuni della provincia con l’obbligo di pubblicazione all’albo pretorio (docc.1,2 e 3).
In particolare, il testo impone a tutti gli ebrei savonesi in età fra i 18 e i 55 anni, di notificare alla Prefettura, assieme ai propri dati anagrafici, “le condizioni fisiche e familiari, la capacità lavorativa e l’attuale occupazione”(doc. 2. Da notare che la disposizione è estesa anche ai cosìddetti ebrei “discriminati”). Nella lettera di trasmissione del decreto (doc.1), la Prefettura richiede inoltre al Podestà l’invio di un elenco nominativo delle famiglie ebree registrate presso l’anagrafe del Comune (una procedura che mira ad evitare, attraverso un controllo incrociato, possibili inesattezze o inadempienze).
L’obiettivo dichiarato, in ottemperanza alle “Superiori disposizioni”(doc.2) è evidentemente accertare se a Savona esistano – e in quale numero- elementi attivi e in buone condizioni fisiche da destinare “a lavori di interesse pubblico” (doc.3)
Un progetto che il regime persegue con molto impegno, visto che il Prefetto, il successivo 9 giugno, alla scadenza dei termini previsti, torna a sollecitare con urgenza una risposta del Comune (doc. 4). In tale quadro si colloca anche la circolare cui il Ministero dell’Interno, nell’imminenza dell’entrata in vigore del decreto, vieta agli ebrei la possibilità di allontanarsi in “trasferimento estivo”- doc. 3 (l’espressione costituisce un notevole eufemismo burocratico. Dopo l’emanazione delle leggi razziali, non era evidentemente ammissibile che gli ebrei potessero recarsi in “villeggiatura”, sia pure, come viene ricordato, in località non “di lusso”).
L’importanza assegnata al decreto traspare anche dalla frequenza con cui, nelle settimane e nei mesi successivi, la Prefettura invia le sue richieste al Comune di Savona e, talora, anche alla Questura: sia per accertare la posizione di coloro che non si sono denunciati per il lavoro obbligatorio (doc.6), sia per valutare l’idoneità fisica a “qualsiasi attività, anche di carattere manuale” delle persone considerate precettabili (doc.9). In tutti questi casi, infine, colpisce la rapidità con cui l’Amministrazione comunale, attivando uscieri, vigili urbani e ufficiali sanitari, svolge le proprie indagini e fornisce le risposte di sua competenza (docc.5-7, 8, 10 e 11). Singolarmente, nella comunicazione ufficiale del Comune alla Prefettura, l’assenza da Savona dott. Osia Fuchs, ebreo polacco, viene presentata in forma abbastanza neutra (“risulta essersi trasferito, da epoca imprecisata, nel comune di Giano dell’Umbria, Perugia”- doc.8); meno diplomaticamente, il verbale dell’usciere getta una luce più minacciosa sul destino del dottore (“si trova internato a Perugia”- doc. 7).