Dopo la firma dell’Armistizio con gli Alleati e l’occupazione tedesca dell’Italia settentrionale, anche nel nostro Paese trovarono immediata attuazione le direttive per la “Soluzione finale”. In tale quadro, il neocostituito governo della Repubblica Sociale Italiana finì per legittimare sul piano formale e sostenere sul piano operativo i piani nazisti di sterminio e deportazione.Una politica di aperta collaborazione che il risorto fascismo repubblicano sostenne e incrementò, fin dalle prime settimane, con i suoi pronunciamenti ideologici e i suoi provvedimenti legislativi contro gli ebrei.
Anche a Savona le misure antisemite promosse dalla RSI entrarono in vigore alla fine del 1943, come dimostrano i documenti di questa sezione, in gran parte provenienti dall’Archivio di Stato.
Il primo foglio, datato 4 dicembre(doc.1), è la riproduzione del “biglietto urgente di servizio” con cui la locale Questura ordina ai Comandi Stazione Carabinieri della Provincia “ che tutti gli ebrei, anche se discriminati e a qualunque nazionalità appartengano, vengano immediatamente fermati e accompagnati alle carceri mandamentali, in attesa di essere inviati in appositi campi di concentramento”. Il testo dispone anche il sequestro e la confisca dei beni mobili e immobili degli ebrei “nell’interesse della Repubblica Sociale Italiana” e a “beneficio degli indigenti sinistrati dalle incursioni nemiche” (senza farne diretta menzione, la direttiva riprende alla lettera l’Ordine di Polizia n. 5, emanato il 30 novembre dal Ministero dell’Interno e trasmesso anche agli altri organi dello Stato -doc.2-. Bisogna tuttavia aggiungere che il governo di Salò non cessò di diffidare dell’Arma, considerandola di tiepidi sentimenti fascisti e tradizionalmente fedele alla Monarchia.
Per queste ragioni, di lì a poco i carabinieri verranno riorganizzati in un nuovo corpo armato dello Stato: la GNR- Guardia nazionale repubblicana).
Il 16 dicembre, la Questura è informata che, “a seguito di disposizioni scritte e orali della Prefettura”, nel territorio del comune di Cairo Montenotte è già stato allestito “un campo di alloggiamento per gli internati ebrei” (doc.3). Un progetto che, per quanto immediatamente destinato ad abortire (doc.4) , dimostra in che misura gli apparati istituzionali della RSI si impegnarono nella persecuzione antisemita (è interessante ricordare che dal dicembre 1941 a Cairo Montenotte – in località Vesima- funzionò il campo di concentramento n.95 per prigionieri di guerra. Nel febbraio 1943- allontanati i prigionieri di guerra- il campo fu destinato ad accogliere 1400 internati civili, appartenenti alla minoranza slovena e croata delle province giuliane.Dopo l’8 settembre, i detenuti passarono sotto il controllo delle autorità tedesche e, assieme ad altri reclusi, internati e rastrellati in quel frangente, vennero deportati a Mauthausen il seguente 8 ottobre: cfr. Carlo Spartaco Capogreco in I campi del duce, Einaudi, Torino 2004).
La maggioranza degli ebrei savonesi riuscì comunque a sottrarsi, con la fuga – e talvolta con l’espatrio- all’arresto e all’internamento (docc.5e 6). L’intera vicenda richiederebbe una approfondita ricostruzione che, sulla base della presente documentazione, non è comunque possibile affrontare: doc.7 . Non di meno, sia sugli ebrei arrestati, sia su quelli “irreperibili”, la RSI giunse ad esercitare una autentica persecuzione patrimoniale.
Si veda, fra gli altri documenti, la nota che, in data 7 dicembre 1943, la Prefettura di Savona invia alla locale intendenza di Finanza(doc.8). Il testo, corredato da un elenco di appartamenti ormai abbandonati dai loro inquilini, contiene la richiesta “di voler provvedere al sequestro e alla confisca dei mobili ivi esistenti… o dell’ immobile ove risulti di proprietà degli ebrei stessi” (si noti, nell’intestazione ufficiale, in alto a sinistra, il frego tracciato sulla lettera R: nella Repubblica Sociale le prefetture hanno cessato di chiamarsi “regie”; la monarchia è anzi diventata, dopo il 25 luglio, sinonimo di tradimento della causa fascista. Per le stesse ragioni – come dimostra la sigla che chiude il documento- i Prefetti di Salò hanno assunto la nuova denominazione di “Capo della Provincia”). In data 29 dicembre e 8 gennaio (docc. 9 e 10) la Prefettura torna a sollecitare nuovi interventi della Finanza, aggiornando, in ogni successiva comunicazione, nominativi e indirizzi (nel terzo documento, in coerenza con l’articolo 7 della Carta di Verona, gli ebrei vengono definiti “sudditi nemici residenti in questa Provincia”).
In questo affollarsi di disposizioni, la Prefettura non cessa di richiedere informazioni anagrafiche e patrimoniali all’Amministrazione comunale (docc. 11 e 12: si tratta degli elenchi che l’Ufficio di stato civile cominciato a compilare nel 1938-1939 , aggiornandoli negli anni seguenti su indicazione del Ministero dell’Interno). Ma, tratto ancora più inquietante, è la stessa Federazione fascista a impegnarsi in un lavoro di indagine che intreccia e sovrappone, con logica totalitaria, strutture di partito e organi dello Stato -doc. 13- (quando addirittura non interviene la cinica delazione di qualche sciacallo- doc.14-) .
Infine, il 9 febbraio, la Prefettura fascista repubblicana trasmette ai Podestà della provincia – “per la pubblicazione e con invito a darvi la massima diffusione” (doc.15) – il Decreto Legislativo del Duce 4 gennaio 1944, n.2 (“Nuove disposizioni concernenti i beni posseduti dai cittadini di razza ebraica”, doc. 16). Con questo provvedimento, ha scritto Enzo Collotti, “non si trattava più di porre limitazioni… temporali ai beni degli ebrei, ma di affermare la loro giuridica incapacità ad essere in alcun modo titolari di beni patrimoniali, si trattasse della proprietà o della gestione totale o parziale di aziende, della proprietà di terreni o fabbricati, del possesso di titoli o altri valori… dei quali tutti veniva decretato la totale confisca”(cfr. docc.17-18-19 e 20 )
I verbali di sequestro e confisca conservati nell’Archivio di Stato testimoniano, per altro, che, nella maggioranza dei casi, i beni espropriati si riducono ai poveri oggetti di una stentata vita quotidiana (doc. 21) Dopo essere stati spogliati della cittadinanza, come ancora osserva Collotti, gli ebrei “venivano ora spogliati di ogni pur minimo mezzo di sostentamento… venivano cioè privati di qualsiasi possibilità di autonoma esistenza, ad offendere la loro dignità di persone ma quasi anche ad anticipare macabramente la loro sorte, nel senso che nella prospettiva della loro distruzione fisica a nulla sarebbero servite le povere e piccole cose della quotidianità”(osservazione tanto più fondata se si pensa che il caso da noi riportato- quello di Isacco Lumbroso – si concluse qualche settimana dopo con la deportazione ad Auschwitz e la morte).