1.2. Il momento della persecuzione per i 47.000 ebrei italiani sopraggiunse 1938, quando i decreti del regime fascista trasformarono in “razza estranea” una comunità sino ad allora profondamente integrata nella vita nazionale. Per quanto traumatica e repentina, l’introduzione delle leggi razziali non costituì, tuttavia, un atto politico improvvisato, ma, al contrario, una decisione che accentuò ed ufficializzò un orientamento antisemita del governo che già aveva preso forma almeno due anni prima. Fin dal 1936, infatti, il regime aveva a più riprese denunciato l’insorgere in Italia di una “questione ebraica”, sia emanando, in rapida successione, una serie di disposizioni di stampo discriminatorio ( come la reintroduzione, nel libro di testo unico per le scuole elementari ebraiche, dei passi di più marcata ispirazione confessionale cattolica o l’allontanamento degli ebrei dalla stampa fascista), sia attraverso la sapiente orchestrazione di una massiccia campagna di stampa.
Alla politica di relativa tolleranza degli anni precedenti, era così subentrata una strategia che, alimentando antichi pregiudizi e nuovi sospetti – e legittimando uno stillicidio di piccoli e grandi
soprusi burocratici- aveva consentito di preparare l’opinione pubblica al nuovo decisivo passo: la persecuzione per via legislativa.
Nel corso del 1937, assieme a una nuova edizione dei Protocolli dei “Savi Anziani” di Sion, si distinsero, in particolare, due pubblicazioni. Il pamphlet di Paolo Orano Gli ebrei in Italia e l’articolo di Telesio Interlandi Ai margini del razzismo. Il meticciato dissidente(comparso sul quotidiano “Il Tevere”).
Il primo scritto era indirizzato contro quegli ebrei – definiti “sionisti” o “ebraizzanti”- che non rinunciavano a coltivare una propria identità culturale e religiosa e che spesso si spingevano (in nome della solidarietà con i propri confratelli del Reich) a criticare il nazismo e l’alleanza dell’Italia con la Germania.
Il secondo testo, affermando la “ diversità biologica del sangue ebraico”, si scagliava al contrario contro gli ebrei in apparenza integrati nella società italiana (“mezzi ebrei o ebrei camuffati da cristiani”), fino ad auspicare “una politica di pulizia della razza, anche attraverso provvidenze legislative”.
“Il Popolo d’Italia”(il quotidiano di Mussolini), recensendo il volume di Orano, colse l’occasione per chiedere agli ebrei italiani una scelta: o dichiararsi chiaramente nemici dell’ebraismo internazionale, massonico, antifascista o rinunciare alla cittadinanza e alla residenza italiana.
Il percorso che, nei primi mesi del 1938, portò all’ elaborazione dell’imminente legislazione antiebraica risultò comunque singolarmente complesso e tortuoso(4) . Mussolini, infatti, pensò inizialmente a una normativa “parziale”, sia sul piano quantitativo (rendere la presenza degli ebrei nella società italiana in qualche modo proporzionale alla loro effettiva consistenza numerica), sia sul piano qualitativo (escludere -totalmente o parzialmente- dalle restrizioni previste gli ebrei italiani dotati di benemerenze nazionali, militari, fasciste). Successivamente, tuttavia, il Duce scelse l’impostazione antisemita “secca” che mirava alla esclusione dalla vita nazionale degli ebrei nella loro totalità - e di fatto riduceva e ridimensionava i casi di esenzione per meriti patriottici e fascisti (a partire dal 1940, le disposizioni e i divieti avrebbero investito senza distinzioni tutti gli ebrei, compresi quelli “privilegiati” o- come vennero impropriamente definiti- “discriminati”). Lungi dal rappresentare il punto d’arrivo di un processo decisionale estemporaneo o improvvisato, le leggi del successivo novembre finirono così per accogliere- nella loro formulazione definitiva- le soluzioni più radicali sul piano ideologico e più coerentemente persecutorie sul piano normativo.
Lo dimostra il ritmo frenetico che assunsero i pronunciamenti ufficiali e le disposizioni amministrative nei mesi di luglio-agosto, quando furono poste le immediate premesse – teoriche e operative- della persecuzione per via legislativa: la pubblicazione del documento Il fascismo e i problemi della razza che sanciva l’adesione ufficiale del governo ai princìpi del razzismo biologico (il documento, noto anche Manifesto degli scienziati razzisti, apparve il 14 luglio1938 sul


(4)Sulla complessa gestazione della persecuzione, cfr. M. Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei Cronaca dell’elaborazione delle leggi del 1938, Zamorani, Torino 1994.